mercoledì 31 marzo 2010

MINZOLINI HA EPURATO IL TG1


Il direttore del Tg1 Minzolini ha rimosso tre storici conduttori Tiziana Ferrario (nella foto), Paolo di Giannantonio e Piero Damosso sostituendoli con Francesco Giorgino, Laura Chimenti e Francesca Grimaldi. La decisione sarebbe scaturita dalla mancata firma dei giornalisti su una lettera in favore del direttore. Il consiglio di redazione parla di decisioni molto gravi prese per la prima volta senza il consenso dei colleghi e perchè "sembra confermare la volontà del direttore di penalizzare chi non si è schierato al suo fianco nella raccolta di firme sul caso Mills". Minzolini risponde "Ma quale epurazione, stiamo parlando di conduttori che lavorano da 28 anni, servono volti nuovi. Ho assunto 18 precari e ho la necessità di rendere evidente questo rinnovamento".
Le reazioni del Cda Rai:
Per i consiglieri Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten "Ormai è evidente che al Tg1 è in corso una vera e propria epurazione dei giornalisti che non hanno firmato la lettera in favore del direttore. Avevamo chiesto al direttore generale di fermare il disegno di annientamento dei valori, delle culture e delle autonomie professionali portato avanti con determinazione stalinista dal direttore del Tg1 e pertanto lo riteniamo corresponsabile di queste decisioni".
Il consigliere Verri: "L'autonomia dei direttori va tutelata da qualsiasi ingerenza. Minzolini è al lavoro da diversi mesi per il rinnovamento del Tg1".

IL PRESIDENTE NAPOLITANO NON FIRMA IL DDL LAVORO

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rinviato alle camere il cosiddetto Ddl Lavoro. "Questa configurazione marcatamente eterogenea dell'atto normativo - scrive Napolitano - è resa ancora più evidente da una sia pur sintetica e parziale elencazione delle principali materie oggetto di diciplina". Queste le numerose materie: revisione della normativa in tema di lavori usuranti, riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero della salute, regolamentazione della Commissione per la vigilanza sul doping e la tutela della salute nelle attività sportive, misure contro il lavoro sommerso, disposizioni riguardanti i medici e professionisti sanitari extracomunitari, permessi per l'assistenza ai portatori di handicap, ispezioni nei luoghi di lavoro, indicatori di situazione economica equivalente, indennizzi per aziende in crisi, numerosi aspetti della disciplina del pubblico impiego, nonché una ampia riforma del codice di procedura civile per quanto attiene alle disposizioni in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali di lavoro. 
"Ho già avuto altre occasioni di sottolineare - continua il Presidente - gli effetti negativi di questo modo di legiferare sulla conoscibilità e comprensibilità delle disposizioni, sulla organicità del sistema normativo e quindi sulla certezza del diritto; nonché sullo stesso svolgimento del procedimento legislativo, per la impossibilità di coinvolgere a pieno titolo nella fase istruttoria tutte le Commissioni parlamentari competenti per ciascuna delle materie interessate".
In considerazione della "particolare problematicità di alcune disposizioni che disciplinano temi di indubbia delicatezza sul piano sociale, attinenti alla tutela del diritto alla salute e di altri diritti dei lavoratori" il Presidente della Repubblica ha rinviato il testo alle Camere per una nuova deliberazione.
Gli articoli che destano maggiore preoccupazione sono il 31 e il 20 rispettivamente relativi all'introduzione dell'arbitrato nelle controversie di lavoro e al "lavoro a bordo delle navi mercantili e a bordo degli aeromobili" ma anche per "il lavoro a bordo del naviglio di Stato, fatto salvo il diritto del lavoratore al risarcimento del danno eventualmente subito".

martedì 23 marzo 2010

(TERNI) IL COMUNE APRE UN TAVOLO PER I TAVOLI ALL'APERTO


Con tutti i problemi che ci sono, anche quest'anno tutti sembrano assorbiti dal grande dibattito sulla regolamentazione dei tavoli all'aperto. E quindi via ai numerosi articoli che la stampa locale dedica all'annosa rincorsa tra i "residenti del famoso triangolo della movida ternana" (Corriere dell'Umbria del 21/03/2010, "La movida notturna è croce e delizia") e i gestori dei locali.
Ogni volta che questo argomento rimbalza agli onori della cronaca - all'approssimarsi di ogni inizio di primavera - mi domando quanti siano i residenti di questo famoso triangolo per alzare sempre questo polverone. Probabilmente non saranno moltissimi ma di 'qualità' perchè se da una trentina di palazzi escludiamo gli uffici privati, quelli pubblici del comune in via Fratini, Palazzo Mazzancolli ed alcuni ancora non abitati non ne restano molti.
Comunque ora ci penserà l'Assessore all'Artigianato, al Commercio, alle Manifestazioni Fieristiche e al Marketing Territoriale, Maria Bruna Fabbri, che ha aperto un tavolo per risolvere il problema dei tavoli all'aperto. "Il nostro auspicio - ha affermato l'Assessore - è quello di costruire una proficua collaborazione tra l'amministrazione e gli operatori tale da garantire, attraverso un percorso condiviso, una soluzione organica ed integrata alle complesse problematiche che non possono essere ricondotte a polemiche riduttive". Per "dare sostegno alla tenuta economica del settore e garantire il necessario, equilibrato rapporto con le altre componenti del tessuto urbano". Dopo la tanto annunciata ordinanza anti-bivacco non avrei potuto aspettarmi niente di più scontato per non parlare dei veri problemi di Terni...

domenica 21 marzo 2010

(REGIONALI, TERNI) PREMIO PER L'AFFISSIONE SELVAGGIA 2010: VINCONO I FERRANTIANI E I MASCISTI







Anche quest'anno ci risiamo. E' ricominciata la guerra delle affissioni selvagge, la lotta fra i vari candidati per la conquista di un pò di visibilità in più rispetto agli altri. Certo non siamo a Roma o Milano ma anche nella nostra Terni non è difficile notare affissioni al di fuori degli spazi assegnati e quindi violazioni delle norme che regolano la propaganda elettorale.
Dopo vari controlli effettuati in diverse giornate, il premio per l'affissione selvaggia 2010 va alle squadre dei candidati Francesco Maria Ferranti (Pdl) e Giuseppe Mascio (Federazione della Sinistra - Comunisti Italiani) che, come notiamo dalle foto, hanno invaso gli spazi degli altri contendenti e degli altri partiti.
Forza ragazzi, mancano solo pochi giorni alle regionali poi, per un triennio non dovremmo avere altre elezioni !!!

giovedì 18 marzo 2010

(COMUNE DI TERNI) ULTIME BATTUTE PER IL BILANCIO: LACRIME E SANGUE PER 13 MILIONI DI EURO


Che la situazione non fosse delle migliori lo sapevano tutti ma a leggere le cronache di questi ultimi giorni ci rendiamo conto davvero di quanto sia difficile la situazione economico-finanziaria del nostro comune.
Ammonterebbe a 13 milioni di euro il gorgo, il baratro, la voragine da riempire. Quantificata in 9 milioni di euro di minori entrate e in 4 milioni di euro di incremento dei costi. Il vicesindaco, Libero Paci, afferma che "la strada da percorrere inevitabilmente è quella di un ridimensionamento complessivo della spesa che non produca un arretramento sostanziale sui versanti fondamentali dei servizi dell'infanzia e di quelli rivolti agli anziani e al disagio sociale. Un impegno di carattere eccezionale va espresso per contenere e ridurre i costi fissi, rivedendo anche contratti di servizio, convenzioni, prestazioni non essenziali". "Il riferimento imprescindibile nella costruzione del bilancio - continua Paci - è la certezza delle entrate, sulle quali, tra l'altro, non sono ipotizzabili misure rilevanti se non un adeguamento di alcune tariffe senza alcun impatto sul piano sociale".
Ma oltre le parole e in considerazione delle indiscrezioni che iniziano a filtrare da vari ambienti sembra chiaro che l'unica strada percorribile è quella di un bilancio da 'lacrime e sangue' anche perchè sembra che la mannaia già annunciata per oltre 25 milioni di euro non basterebbe a far quadrare il bilancio. Occorrerà mettere mano al personale, alle utenze e ai costi fissi e provvedere a tagli orizzontali del 50% del portafoglio di ogni assessorato.
Sembra di riascoltare le parole di Enrico Melasecche che, nel corso di questi ultimi dieci anni, spesso inascoltato, ha più volte evidenziato le criticità della gestione finanziaria della macchina comunale mettendo in guardia tutti sulle possibili conseguenze. Come sottolinea Andrea Giuli nell'articolo apparso oggi su 'Il Giornale dell'Umbria' ("Bilancio 2010, salgono le tariffe. Tagli a sociale, scuola e cultura") "Chissà se si può dire. Sembra proprio un fatto, però, che la responsabilità di un tale, pesante fardello ereditato dall'attuale amministrazione comunale, oltre che nelle notevoli riduzioni dei trasferimenti statali e governativi agli enti pubblici, sia soprattutto nella generosa gestione delle finanze pubbliche operata dall'ultima giunta Raffaelli. Una gestione più volte e da più parti accusata, negli ultimi anni, di non aver lesinato consulenze, finanziamenti diffusi, distrubuzioni, impegni pluriennali, finanze derivate e creative".

mercoledì 17 marzo 2010

(TERNI) FINANZA DERIVATA SOTTO INCHIESTA: CONTROLLI DELLA GUARDIA DI FINANZA AI COMUNI DI TERNI, NARNI, ORVIETO, STRONCONE, GUARDEA...


La procura regionale della Corte dei Conti dell'Umbria ha delegato la guardia di finanza di Terni per le indagini relative ai contratti di finanza derivata - i cosiddetti 'swap' - sottoscritti dai comuni della Provincia di Terni (Terni, Narni, Orvieto, Stroncone, Guardea, Alviano, Polino, Lugnano in Teverina, Avigliano Umbro e Baschi) per un totale di 466 milioni di euro.
Da un commento del Comando Generale della GdF, riportato in un servizio del Sole 24 ore, leggiamo che "nella maggior parte dei casi i contratti sono Irs non par o Irs collar, che gli enti hanno acquistato per tutelarsi dai rischi legati alla variazione dei tassi" ma che poi, nel concreto, "hanno natura speculativa e un'elevata opacità" con le A.C. che "si sono esposte al rischio di perdite ingenti".

lunedì 15 marzo 2010

DESTRA UMBRA CONTRO TUTTI. GASPARRI, MODENA & LAFFRANCO ATTACCANO COMUNISTI, MAGISTRATI E UDC



E' sicuramente più facile attaccare che fare proposte serie e convincenti. Durante la visita di Gasparri a Perugia Fiammetta Modena e Pietro Laffranco si sono scatenati. Hanno attaccato tutti comunisti, magistrati e Udc. "E' ora che i comunisti tornino a lavorare", ha esordito la Fiammetta e poi via con la difesa del capo da parte di Gasparri, "i giudici indaghino sulla mafia non su Berlusconi che attacca Santoro". Chiude Laffranco: "siamo in grado di cancellare l'Udc".
L'on. Laffranco analizza le intenzioni di voto degli umbri "I sondaggi di questi giorni ci danno intorno al 42%, ma è il trend che ci fa sperare se consideriamo che un mese fa il Pdl era attestato al 34".
In realtà non so se faccia sperare o preoccupare i vertici del Pdl, perchè un 42% sarebbe comunque un risultato che porterebbe nuovamente alla sconfitta della destra in Umbria e che, se consideriamo che la Lega è attestata intorno al 4%, vedrebbe un Pdl al 38%.
Probabilmente è per questo che, in mancanza di un progetto serio, l'ex esponente del MSI spera di recuperare qualche posizione attaccando apertamente l'Udc e la candidata di centro Paola Binetti: "catapultata in Umbria dall'alto, lei che dell'Umbria non conosce neanche la posizione geografica, ma il Pdl in queste elezioni è in grado di cancellare l'Udc perchè loro sono i primi a non volere il cambiamento in questa regione".
Gasparri, senza parlare minimamente dell'Umbria, parte all'attacco dei giudici: "Quello che leggete sui giornali di questi giorni ha dell'incredibile: un giudice di Trani che indaga Silvio Berlusconi per una telefonata su Annozero. Incredibile, invece di pensare a mafia e mafiosi perdono tempo col presidente del Consiglio. Come se non sapessero il suo pensiero e il nostro sulla faziosità di Michele Santoro che noi gridiamo tutti i giorni in piazza e in televisione", quindi un mega-invito alla manifestazione del Pdl: "Non sarà una manifestazione contro qualcuno, noi sabato parleremo solo di politica e di elezioni presenteremo i nostri 13 candidati alle regionali e insieme a loro spiegheremo i nostri programmi su sanità, trasporti e lavoro nelle varie regioni".
Quindi è l'ora della Fiammetta: "La Marini? Il più grosso conflitto di interessi presente oggi in Umbria", "Vinciamo noi così i comunisti torneranno finalmente a lavorare".
Le reazioni:
Paola Binetti, Udc: "Fuori luogo e offensiva l'idea di voler cancellare l'Udc. Il Paese ha bisogno di un altro stile di campagna elettorale. Sgradevole anche il riferimento al fatto che io non sappia la geografia. La sanno forse loro nel Lazio?", "C'è un desiderio forte di cambiamento, che urge sulla bocca di tutti e che vogliamo trasformare in un coinvolgimento operativo per ricostruire insieme questa regione, per ridare valore all'Umbria". "La convinzione che la regione meriti un cambiamento di passo e che stia diventando urgente modificare certe logiche organizzativo-gestionali e certe procedure per ridare slancio ad una economia che corre il rischio di diventare asfittica e di accentuare gli elementi di criticità".
Maurizio Ronconi, Udc: "Nel Pdl dell'Umbria non riescono più a nascondere un nervosismo che lievita con i dati dei sondaggi. Ormai è chiaro che in Umbria il Pdl non vincerà e votarlo significherebbe solo mettere in congelatore i voti, renderli inutilizzati per cinque anni, consegnarli a consiglieri regionali che hanno abbondantemente dimostrato di non saper fare neppure opposizione".
Sandra Monacelli, Udc: "Leggendo le dichiarazioni dell'on. Laffranco che vorrebbe cancellare il centro - bontà sua, ma non forse del popolo sovrano - si comprende meglio la disaffezione degli umbri verso questa consultazione elettorale del 28-29 marzo, nella quale anzichè parlare di programmi e dei problemi della gente, si tenta di alzare i toni scambiando le strategie con i sondaggi, la politica con i vantaggi e la democrazia degli elettori con la dittatura delle oligarchie".

IL CATTOLICISSIMO MASSIMO VALIGI SI 'CONVERTE' AL PADANISMO


La notizia potrebbe avere dell'incredibile se non arrivasse da un Paese come il nostro e se non fosse stata confermata dallo stesso protagonista. Il cattolicissimo Massimo Valigi, quello che si era candidato sindaco di Terni alle ultime elezioni a capo di una lista civica ultra-cattolica, quello che non ha partecipato ai dibattiti pubblici con gli altri candidati durante le festività pasquali, oggi si converte al 'padanismo' ed entra ufficialmente nella Lega Nord.
L'annuncio è stato dato dal commissario federale della Lega, on. Paolini: "Il dott. Massimo Valigi, leader della omonima lista civica e candidato a sindaco di Terni nelle amministrative del giugno scorso, nelle quali raccolse meno del 2% dei consensi, ha aderito ufficialmente alla Lega Nord Umbria, mettendosi a disposizione del movimento per sostenerne i candidati alle prossime elezioni regionali".
Non riesco proprio a comprendere come un cattolico praticante che dovrebbe condividere i fondamenti dell'etica cristiana, dell'esercizio dell'amore verso il prossimo mediante il quale si esprime l'amore verso il Creatore, possa avvicinarsi ad un partito politico che, come la Lega Nord, si trova su posizioni tuttaltro che vicine alle sue. Come può un cattolico praticante accettare le nozze celtiche, i riti celtici del Pò, la demagogia e la propaganda razzista , la retorica della "tolleranza zero" nei confronti degli immigrati, gli attacchi ai vertici della Chiesa come quello al Cardinale Tettamanzi, le urla sguaiate dei tanti Bossi, Borghezio, Boso o le frasi sconclusionate di Calderoli. Ma più ancora come può un Umbro iscriversi alla Lega? Forse, dopo una vita raccolta improntata alla sobrietà e alla carità, vedremo Valigi attaccare gli extra-comunitari vestito di verde?

venerdì 12 marzo 2010

FINI: "CHI HA RESPONSABILITA' ISTITUZIONALI DEVE DISMETTERE L'ABITO DELLA PROPAGANDA E INDOSSARE QUELLO DELLA POLITICA"


Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha affermato che "un esecutivo legittimato dal voto non vuol dire un Parlamento che non deve disturbare il manovratore". Sottolineando l'importanza dell'approdo al bipolarismo e alla democrazia dell'alternanza Gianfranco Fini ha anche evidenziato la necessità di una volontà condivisa "di rispettare nei fatti i principi della Carta costituzionale; non si può fare una gerarchia su quei valori, che sono tutti importanti ma credo che si debba partire dalla tutela della dignità della persona". "Ma dobbiamo far sì - ha continuato - che l'investitura diretta abbia, come avviene in tutte le democrazie, pesi e contrappesi. Io sono stato e sono molto favorevole, ad esempio, all'elezione diretta del sindaco, ma il Consilgio comunale non può essere considerato un orpello. La democrazia deve essere rappresentativa e governante. C'è un evidente differenza fra la politica e la propaganda: chi ha responsabilità istituzionali deve dismettere l'abito della propaganda e indossare quello della politica".

martedì 9 marzo 2010

(ROMA) LA LISTA DEL PDL NON E' STATA ACCETTATA. PER BERLUSCONI UN "SOPRUSO VIOLENTO E INACCETTABILE"


Il responsabile elettorale del Pdl ha spiegato che l'Ufficio elettorale circoscrizionale del Tribunale di Roma non ha accettato l'iscrizione della lista del Popolo della Libertà per il collegio provinciale di Roma perchè mancherebbe una parte della documentazione necessaria alla presentazione: "Sto leggendo la motivazione... leggo che l'ufficio centrale provinciale sconfessa il Tar del Lazio, applicando il decreto - spiega Ignazio Abbrignani - appena approvato, ma dice che manca la prescritta documentazione per la presentazione della lista. Noi la documentazione ce l'avevamo e troveremo il modo di provarlo, domani presenteremo ricorso".
Immediata la reazione del premier che in un video dai toni molto forti rivolto ai cosiddetti 'Promotori della Libertà' ha dichiarato: "Come sapete si è cercato di estrometterci dal voto per le regionali in Lombardia, nella città di Roma e nella sua provincia. Vogliono impedire a milioni di persone di votare per il Popolo della Libertà". "E' un sopruso - ha aggiunto - violento e inaccettabile, che in parte abbiamo respinto. A Milano, sia pure con un ritardo di una settimana, la nostra correttezza è stata pienamente riconosciuta".
Secondo Berlusconi: "il Tribunale Amministrativo ha completato l'opera, respingendo non solo il nostro ricorso, ma anche l'invito che il Presidente della Repubblica aveva lanciato con una propria lettera, affinchè il diritto di voto, attivo e passivo fosse garantito nei confronti di tutti i contendenti, compresa la maggiore forza politica italiana: il Popolo della Libertà". Preannuncia "una grande manifestazione nazionale per difendere il nostro diritto al voto e quindi la nostra democrazia e la nostra libertà", "Così le elezioni del 28 e 29 marzo ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente con il voto, scende in piazza seminando menzogne, invidia e odio".
Il clima, insomma, si fa sempre più incandescente. Il "pasticciaccio di Palazzo Madama", come è stato definito dall'ex Presidente della Repubblica, Carlo Azelio Ciampi, non può trovare soluzione.

CARLO AZELIO CIAMPI: E' "LA STRAGE DELLE ILLUSIONI, IL MASSACRO DELLE ISTITUZIONI" OCCORRE "PROTEGGERE LA MASSIMA ISTITUZIONE DEL PAESE"


L'ex Presidente della Repubblica, Carlo Azelio Ciampi, parla con profonda amarezza di quello che sta accadendo nel nostro Paese e tenta di fare il punto dopo i gravi episodi delle ultime settimane.
Relativamente al decreto salva-liste: "E' la conferma che con quel decreto il governo fa ciò che la Costituzione gli vieta, cioè interviene su una materia di competenza delle Regioni. Speriamo solo che a questo punto non accadano ulteriori complicazioni...". Per il Presidente si tratta di un "aberrante episodio di torsione del nostro sistema democratico".
Dopo il "pasticciaccio di Palazzo Chigi", la sentenza pronunciata ieri dal Tar del Lazio che ha respinto il ricorso del Pdl, i ricorsi avanzari da diverse giunte regionali, potrebbe accadere che, dopo le elezioni, anche la Corte Costituzionali giudichi quel decreto illegittimo e per Ciampi "Il risultato, in teoria, sarebbe l'invalidazione dell'intero risultato elettorale. Il rischio c'è, purtroppo. C'è solo da augurarsi che il peggio non accada, perchè a quel punto il Paese precipiterebbe in un caos che non oso immaginare".
Per quanto riguarda il suo successore, Giorgio Napolitano, dichiara: "Non mi piace mai giudicare per periodi ipotetici dell'irrealtà. Allo stesso tempo, trovo sbagliato dire adesso 'io avrei fatto, io avrei detto'. Ognuno decide secondo le proprie sensibilità e secondo le ncessità dettate dal momento. Napolitano ha deciso così. Ora, quel che è fatto è fatto. Lo ripeto: a questo punto è stata imboccata una strada, e speriamo solo che ci porti a un risultato positivo". "Ma che senso ha - continua il Presidente emerito -, adesso, sparare sul quartier generale? Al punto in cui siamo, è nell'interesse di tutti non alimentare la polemica sul Quirinale, e semmai adoperarsi per proteggere ancora di più la massima istituzione del Paese".
"Io credo che la soluzione migliore sarebbe stata quella di rinviare la data delle elezioni. Ma per fare questo sarebbe stata necessaria una volontà politica che, palesemente, nella maggioranza è mancata. Ma soprattutto io credo che sarebbe stato necessario, prima di tutto, che il governo riconoscesse pubblicamente, di fronte al Paese e al Parlamento, di aver commesso un grave errore. Sarebbe stato necessario che se ne assumesse la responsabilità, chiedendo scusa agli elettore e agli eletti. Da qui si doveva partire: a quel punto, ne sono sicuro, tutti avrebbero lavorato per risolvere il problema, e l'opposizione avrebbe dato la sua disponibilità a un accordo. Bisognava battersi a tutti i costi per questa soluzione della crisi, e inchiodare a questo percorso che l'aveva causata. Ma purtroppo la maggioranza, ancora una volta, ha deciso di fuggire dalle sue responsabilità, e di forzare la mano". "Di nuovo, assistiamo sgomenti al graduale svuotamento delle istituzioni, all'integrale oblio dei valori, al totale svilimento delle regole: questo è il male oscuro e profondo che sta corrodendo l'Italia".
Concludendo, dopo un passaggio delle sue radici, ha constatato che quella forma di "pedagogia repubblicana" sia stata necessaria ma insufficiente. "Cosa vuole che le dica? Purtroppo questo è il drammatico paesaggio italiano, nè bello nè facile. E questo è anche il mio più grande rimpianto di vecchio: sulla soglia dei 90 anni, mi accorgo con amarezza che questa non è l'Italia che vagheggiavo a 20 anni. Allora ci svegliavamo la mattina convinti che, comunque fossero andate le cose, avremmo fatto un passo avanti. Oggi ci alziamo la mattina, e ogni giorno ci accorgiamo di aver fatto un altro passo indietro. E' molto triste, per me che sono un nonuagenario. Ma chi è più giovane di me non deve perdersi d'animo, e soprattutto non deve smettere di lottare".
Non posso fare altro che ringraziare il Presidente Ciampi. Avremmo bisogno di molti altri che iniziassero a parlare così.

STORIE DALL'ITALIA CHE REGREDISCE: PASSO INDIETRO SULL'OBBLIGO SCOLASTICO, AL LAVORO A 15 ANNI


Come se non fosse abbastanza avere, di fatto, depotenziato le tutele giuridiche dei lavoratori - specialmente quelli giovani -, il Governo torna indietro anche sull'obbligo scolastico introducendo l'apprendistato a 15 anni.
L'Italia, Paese già arretrato dal punto di vista della scolarizzazione e dell'alta formazione, vede "svuotare ulteriormente i contenuti culturali e formativi dell'obbligo scolastico a 16 anni ed abbassa l'età d'ingresso al lavoro" (Fulvio Fammoni e Mimmo Pantaleo, Cgil).
La disposizione è stata introdotta alla Camera con l'emendamento di Giuliano Cazzola (Pdl) e si inserisce nel quadro della legge Biagi, "rientrando nella tipologia di apprendistato-scolastico utilizzabile dai ragazzi per adempiere l'obbligo formatico, e non riguarda il contratto di apprendistato tradizionale" (da Italia Oggi del 09/03/2010, "L'apprendistato a 15 anni è legge" di Emanuela Micucci).
Il ministro Sacconi respinge come ideologiche le critiche: "Non si tratta per nulla di anticipare l'età di lavoro".
"Mentre l'Ue e tutti i più recenti studi sul capitale umano ci chiedono il contrario: aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e ridurre la dispersione scolastica" (La Repubblica.ita)
Va sottolineate che nel 2003, una comunicazione della Commissione europea considerava "imperativo categorico" l'investimento efficiente nell'istruzione e nella formazione. Nel marzo 2000 il Consiglio europeo di Lisbona ha fissato all'Ue l'ambizioso obiettivo strategico di diventare entro il 2010 "l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Il Consiglio europeo "ha ribadito che il futuro dell'economia europea dipenderà dalle abilità dei suoi cittadini e che queste a loro volta richiedono un aggiornamento continuativo caratteristico delle società basate sulla conoscenza".
Le reazioni:
Mariangela Bastico, Pd: "L'obbligo scolastico a 16 anni, una riforma di civiltà del governo Prodi in sintonia con l'Europa, è annullata da una norma voluta dal ministro Sacconi per l'apprendistato a 15 anni. Ancora una volta il governo Berlusconi, totalmente incapace di riforme, si impegna a distruggere quelle fatte togliendo opportunità di futuro ai giovani e di sviluppo economico per il Paese", "l'azione del governo sta raggiungendo l'apice di contrapposizione nei confronti di quanto l'Europa fa per uscire dalla crisi investendo sulla formazione delle persone. Con questa norma si toglie diritto ad un anno di scuola a tanti ragazzi maggiormente in difficoltà e si abbassa da 16 a 15 anni l'età minima per entrare nel mondo del lavoro. Sa bene, infatti, il ministro Sacconi che l'apprendistato è, a pieno titolo, un contratto di lavoro che prevede una piccola quota di formazione".
Giuseppe Fioroni, Pd: "La maggioranza e il ministro Sacconi hanno deciso di fare carta straccia dell'obbligo scolastico. E' inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, qui si decida di fare un salto all'indietro così macroscopico. Ricordo a questa lungimirante maggioranza che, fino a prova contraria, le leggi vigenti prevedono l'obbligo di andare a scuola fino a 16 anni e il buon senso dovrebbe suggerire, proprio nei momenti di crisi economiche violente come quella che ancora attraversiamo, di intensificare la preparazione anche come misura di contenimento degli effetti sociali della crisi, non di giocare al ribasso".
Pier Luigi Bersani, segretario del Pd: "In tutti i posti del mondo s'intende alzare l'età in cui uno si stacca dalla scuola per il lavoro e mi chiedo se dobbiamo essere gli unici al mondo che prendono la strada contraria".

sabato 6 marzo 2010

FACCIAMO UN PO' COME CAZZO CI PARE o DELLA GIUSTIZIA SECONDO BERLUSCONI



"Far decidere i TAR meglio e bene, sulla base della interpretazione corretta della legge. Per questo è un decreto salva diritto di voto, non salva liste" (dal sito del Popolo della Libertà). Vogliono proprio prenderci per fessi, mentre loro se la cantano e se la ridono.
Il decreto del Governo non è affatto interpretativo come loro affermano, non si limita cioè ad offrire una lettura chiarificatrice delle norme elettorali in vigore ma ne stravolge l'impianto giungendo fino a retrodatare alcune delle 'innovazioni' introdotte. In tutto si tratta di tre articoli, di cui il primo di quattro commi che costituirebbero il nocciolo del provvedimento. Il primo comma consente di presentare le liste a Roma il primo giorno non festivo, vale a dire lunedi, mentre gli altri riguardano la situazione lombarda. Il secondo articolo accorcia i tempi della campagna elettorale e il terzo è quello dell'entrata in vigore.
Nel comunicato finale del Cdm, si legge: "Ribadita e sottolineata la necessità di assicurare il pieno esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo, il Consiglio ha condiviso l'esigenza di garantire i valori fondamentali della coesione sociale, presupposto di un ordinato svolgimento delle competizioni elettorali" e Maroni ha spiegato che "il governo si è limitato a dire quale è la interpretazione corretta da dare alle norme vigenti", "si tratta di un decreto di interpretazione autentica di alcune disposizioni riguardanti il procedimento elettorale". "Riteniamo - ha continuato il ministro - che alcune norme non siano state applicate in modo corretto. Per esempio, quanto alla presentazione delle liste a Roma, una circolare del ministero dell'Interno stabilisce che il Cancelliere non può rifiutarsi di ricevere liste e contrassegni, neppure se li ritenga irregolari o presentati tardivamente. Deve farlo e semmai rilevare che sono stati presentati fuori termine. A Roma ciò non è avvenuto".
Per arrivare all'approvazione del decreto lo scontro tra il governo e il Capo dello Stato ha raggiunto livelli altissimi. In un articolo de 'Il Messaggero.it' si legge "Duro, durissimo Silvio Berlusconi al Capo dello Stato è arrivato a prospettare non solo l'inutilità della sua firma sotta al decreto legge, ma anche l'uso della piazza per contestare 'una decisione che priva del diritto di voto milioni di cittadini'".
Le reazioni:
Pierluigi Bersani, segretario del Partito Democratico: "Basta che uno lo legga e si accorge subito che è un trucco vergognoso. I cittadini devono rispettare le regole tutti i giorni, le altre liste devono rispettare le regole per le elezioni, loro di fanno le regole da se".
Pierferdinando Casini, leader dell'Unione di Centro: "Alla fine posso essere anche contento che abbiano riammesso le liste, ma il messaggio che passa al Paese è devastante. Il messaggio è che le regole valgono solo per i deboli, mai per i forti", "Ora ci devono spiegare perchè noi dobbiamo essere i fessi che rispettano le regole e, se non le rispettiamo, perchè manca ad esempio un timbro, siamo esclusi dalle elezioni di Trento e invece che fa il forte va sempre avanti. Per loro c'è sempre il nemico. Ma qui dov'è il nemico? Dove sono i giudici comunisti? Il complotto contro Berlusconi? Non c'è stato nessun complotto. E' solo che hanno litigato sino all'ultimo per cambiare i posti nelle liste e sono arrivate fuori tempo".
Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori: "Di fronte ad un golpe bisogna reagire nell'unica maniera possibile: con una insurrezione democratica popolare, con una grande manifestazione che faremo sabato prossimo a Roma e ci auguriamo possano partecipare tante persone per frenare questo golpe prima che sia troppo tardi", "da ieri stiamo alimentando questa grande manifestazione, soddisfatti del fatto che in queste ore si sta amalgamando tutta l'area dell'opposizione, sia dei partiti, sia della società civile, sia dei movimenti".

mercoledì 3 marzo 2010

ASSALTO AL DIRITTO DEL LAVORO: IL GOVERNO VUOLE AGGIRARE L'ART. 18


Manca poco all'approvazione della nuova legge sul processo del lavoro presentata dal governo. Nel testo c'è scritto "che le controversie tra il datore di lavoro e il suo dipendente potranno essere risolte anche da un arbitro in alternativa al giudice: o l'uno o l'altro. Un cambiamento radicale rispetto alla tradizione giuridica italiana, dove c'è sempre stata una forte diffidenza nei confronti dei lodi arbitrali di stampo anglosassone. Un affievolimento di fatto delle tutele a favore del lavoratore, la parte oggettivamente più debole in questo tipo di controversie" (da Repubblica.it).
La nuova legge provocherebbe anche modifiche sostanziali per quanto riguarda l'articolo 18 e di altri vincoli legislativi determinandone il superamento. L'ex ministro del lavoro, Tiziano Treu, dichiara, infatti, che davanti ad un licenziamento, l'arbitro deciderà "secondo la sua concezione di equità, non secondo la legge".
Modificando l'articolo 412 del codice di procedura civile, sarebbero previste soltanto due possibilità tra loro alternative per la risoluzione delle controversie: o la via giudiziale o quella arbitrale. Si arriverebbe addirittura all'assurdo di inserire già nel contratto di assunzione, anche in deroga ai contratti collettivi, che "in caso di contrasto le parti si affideranno a un arbitro. Strada assai meno garantista per il lavoratore che in un momento di debolezza negoziale (quello dell'assunzione, appunto) finirebbe per essere costretto ad accettare. E il giudizio dell'arbitro sarà impugnabile esclusivamente per vizi procedurali" (da Repubblica.it).
Le reazioni:
Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil: "Questa volta è peggio rispetto al 2002: allora l'attacco all'articolo 18 fu diretto ed era semplice spiegarlo ai lavoratori. Ora l'aggiramento va ben oltre l'articolo 18 impedendo addirittura di arrivare al giudice del lavoro".
Guglielmi Epifani, segretario generale della Cgil: "Lo denunciamo da tempo. Questo ddl opera una vera e propria controriforma delle basi del diritto del lavoro italiano. Questo ddl sul porta sostanzialmente ad una forma di arbitrato obbligatorio che farebbe saltare le forme tradizionali delle tutele contrattuali e delle libertà dei lavoratori di poter adire a queste scelte. In questo modo, naturalmente, si rende il lavoratore più debole. Se lo si fa addirittura nel momento del suo ingresso nel lavoro, lo si segna per tutta la vita. Per questo siamo contro questo principio e speriamo che non venga approvato. In ogni caso faremo ricorso, se ci sono le condizioni di legittimità costituzionale".
Luigi Angeletti, Segretario Generale dell Uil: "Questo tema, così come i temi del mercato del lavoro, devono essere oggetto prima di confronto e discussione con i sindacati e le associazioni di impresa, che sanno trovare soluzioni più efficaci del Parlamento, e per evitare danni, negli anni scorsi c'era l'intenzione di abrogare l'articolo 18, ora c'è quella di trasformare il reintrego in rimborso o in una penale ai lavoratori, quindi la questione è diversa. In casi di danni seri non staremmo con le mani in mano".
Raffaele Bonanni, Segretario Generale della Cisl: "L'unica cosa da fare è che queste materie siano affidate alle parti sociali. Vedo iniziative a destra e a sinistra, la politica regoli se stessa, visto che è già tanto sregolata. Sono d'accordo solo se le parti sociali possono regolarsi sulle questioni sociali. Il resto sono palloni mediatici che si sgonfiano".
Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro: "La polemica dei soliti noti su un testo di legge alla quarta lettura in Parlamento, dopo due anni di esame, è l'ennesima prova della malafede di chi vuole sempre accendere la tensione sociale. Il lavoratore avrà la possibilità in più di ricorrere all'arbitrato e tutto sarà regolato dai contratti collettivi. Non per nulla, tutti tranne la Cgil hanno condiviso questa norma. Punto". "In caso di controversia con il datore di lavoro, non solo per i licenziamenti, il lavoratore - continua Sacconi - avrà davanti a sè due strade: adire al giudice ordinario oppure all'arbitrato. L'arbitrato potrà essere applicato solo se il contratto collettivo nazionale di lavoro lo prevederà. L'arbitrato non potrà essere applicato in casi di licenziamenti discriminatori. In questo caso varrà solo la strada del giudice ordinario". Il ministro spiega inoltre che il datore di lavoro potrà imporre la strada dell'arbitrato per i contratti dei nuovi assunti "solo per i contratti certificati", "servirà un certificatore che attesti la reale volontà delle parti". Ma se un giovane, in una situazione come l'attuale di difficile inserimento nel mondo del lavoro, pur di essere assunto accettasse qualsiasi cosa? Il ministro risponde laconicamente: "non si deve pensare che il lavoratore sia un minus habens. Ad ogni modo se le intenzioni del datore di lavoro fossero queste, probabilmente non assumerebbe neppure".
Tiziano Treu, Senatore Pd ed ex ministro del Lavoro: "Non c'entra nulla la campagna elettorale. Che questa forma fosse devastante per i lavoratori, il Pd lo denuncia da più di un anno e per verificarlo basta guardare i resoconti parlamentari e le agenzie di stampa", "Il ministro Sacconi è evidentemente distratto. Che l'arbitrato possa essere stabilito solo in presenza di contratto collettivo nazionale è una possibilità e noi la abbiamo auspicata. Però invito il ministro a leggere bene la norma, in particolare il comma 5 dell'articolo 31 del provvedimento oggi all'esame del Senato, secondo cui qualunque lavoratore individualmente può chiedere l'arbitrato in qualunque stadio di eventuali controversie. Quindi, anche di fuori dei contratti collettivi nazionali e, in tal caso, anche senza certificazione. Dire, come sostanzialmente fa Sacconi, che c'è la 'volontà del lavoratore' che 'non è un minus habens' significa dimenticare la storia del diritto del lavoro che è stato costruito proprio per proteggere i lavoratori nei momenti di debolezza. Penso ad esempio al momento della prima assunzione, prima del rinnovo di un contratto a termine. In questi momenti il lavoratore potrebbe essere costretto a firmare un mandato in bianco a un arbitro e il certificatore potrebbe anche accertare una volotà che, in questo caso, sarebbe coatta".
Giuseppe Lumia, senatore Pd: "Il governo vuole indebolire il sistema di tutele e garanzie dei lavoratori e rafforzare la posizione dominante dei datori di lavoro. Un modo di aggredire indirettamente l'articolo 18. Con questa legge il lavoratore licenziato potrà ricolgersi o al giudice o ad un soggetto terzo, ma mentre il primo giudica secondo legge, il secondo giudica in base alla sua idea di giustizia. Il provvedimento va a scapito della parte più debole, ovvero il lavoratore, che potrebbe essere costretto già nel contratto di assunzione ad accettare il ricorso all'arbitrato, piuttosto che al giudice".
Maurizio Zipponi, responsabile welfare IDV: "Il disegno di legge che impedisce ai lavoratori di rivolgersi al giudice nel caso di diritti violati, a partire dall'ingiusto licenziamento, trasforma definitivamente questo governo in un esecutivo che fomenta la violenza contro il mondo del lavoro. Ci opporreno in Parlamento con tutte le nostre forze contro questa deriva di un regime autoritario".

martedì 2 marzo 2010

(REGIONALI LAZIO) POLVERONE POLVERINI: PDL CORRE SENZA LISTA E SENZA CANDIDATO?


Non c'è proprio pace nel centro-destra laziale. Dopo la mancata presentazione della lista circoscrizionale della provincia di Roma l'ufficio centrale della Corte d'Appello ha bocciato "per vizio formale" anche il suo listino e "l'accettazione con riserva della lista civica che porta il suo nome". Questa mattina l'atto è stato notificato ai rappresentanti della lista che avranno 48 ore di tempo per fare ricorso. A quanto ci risulta il problema sarebbe la mancanza della firma di uno dei rappresentanti di lista.
Anche in questo caso a gioire sono i radicali. Luca Petrucci, presentatore della lista Bonino, ha rilasciato la seguente dichiarazione che ricalca quella rilasciata ieri da Marco Cappato sulla vicenda del listino Formigoni: "Con l'esclusione del listino a lei collegato Renata Polverini non è più candidata alle elezioni regionali del Lazio. La legge elettorale prevede che il candidato presidente sia anche capolista del listino, se decade il listino decade la candidatura".
La tenace candidata Renata Polverini, questa mattina è rimasta solo per qualche secondo senza parole: "No, no, no... Non voglio parlare" ma poi ha iniziato - dopo una visita alla Moschea di Roma - "Io non ho denunciato nessuno eppure mi hanno tirato, lo posso dire? Tanta di quella cacca addosso".
Vincenzo Piso, coordinatore regionale del Pdl Lazio: "Al momento il listino Polverini risulta escluso, c'è un impedimento di carattere burocratico che pensiamo di risolvere a breve".
Luca Malcotti, vice-coordinatore romano del Pdl e forse candidato al consiglio regionale: "Non ho conferme ufficiali ma se la notizia fosse vera confermerebbe il fatto che c'è un tentativo di impedire di svolgere delle elezioni in maniera normale e regolare. A me spiace che Emma Bonino, delle idee della quale non condivido nulla ma che fino a ieri ho stimato come persona corretta, per calcolo politico e cinismo stia sposando la tesi dell'annullamento della lista sottraendosi a un confronto normale. Mi pare una cosa agghiacciante".
L'unica cosa certa è che, oltre al listino e alla lista del Pdl, ci siano problemi anche per la lista di Renata Polverini che sarebbe stata accettata con riserva perchè avrebbe un simbolo troppo simile a quello di Fabio Polverini, candidato di una lista collegata a Forza Nuova di Roberto Fiore. "Mentre la lista di Renata Polverini ha un simbolo rosso con il tricolore sotto, quello di Fabio Polverini ha la scritta Fabio in rosso e Polverini in bianco con la dicitura candidato per la regione Lazio. La lista con la candidatura di Fabio Polverini è stata presentata prima. Da qui, il problema" (Repubblica.it)

lunedì 1 marzo 2010

PDL NEL CAOS SENZA CANDIDATO IN LOMBARDIA PER ESCLUSIONE DELLA LISTA FORMIGONI


"Allo stato Formigoni non è più candidato, poichè è caduto tutto il suo listino e non c'è più la coalizione di centrodestra che lo supportava con le liste collegate"
Marco Cappato, Lista Bonino-Pannella
La Corte d'appello di Milano non ha ammesso la lista Per la Lombardia di Roberto Formigoni a causa di 514 firme considerate invalide. I giudici hanno accolto il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella per insufficienza delle firme dei sottoscrittori, ricorso che è stato presentato - senza essere accolto - anche contro la lista Penati Presidente.
Le irregolarità riscontrate dai Giudici riguarderebbero 514 firme sulle 3.935 presentate.
Le reazioni
Il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno (Pdl): "Esprimo solidarietà al presidente Formigoni perchè la vicenda della Lombardia è sicuramente molto inquietante come lo è il fatto che lui non possa partecipare alle elezioni in Lombardia".
Il Ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli (Lega Nord): "In Lombardia sembra si stia risolvendo", "credo fossero problemi di timbri ma dovrebbe essere riammessa".
Antonio Di Pietro, Idv, ha dichiarato che l'esclusione della lista Formigoni "dimostra l'arroganza del potere e la lotta intestina che c'è all'interno di quel partito". "Fino all'ultimo momento si sono fatti guerra per cercare di fare le liste senza rendersi conto che bisogna rispettare le regole del gioco".
Mario Mauro, Capogruppo Pdl al Parlamento Europeo: "Nessun problema, le firme valide che abbiamo presentato sono più che sufficienti", "abbiamo già verificato che più sentenze del Consiglio di Stato rendono irrilevanti e non più necessarie alcune specifiche che invece la Corte di Appello di Milano ha ritenuto indispensabili. Il numero di forme valide da noi presentato è dunque largamente superiore al necessario. Stiamo perfezionando il ricorso e la Corte d'Appello non potrà che accettarlo".
Savino Pezzotta, candidato Presidente per l'Udc: "Il pdl faccia tutti i suoi ricorsi. Da parte mia preferisco una competizione in cui si cerchi di ottenere ogni voto con tutti. Però noi abbiamo rispettato le regole e queste valgono per tutti".
Vittorio Agnoletto, candidato Presidente per la Federazione della Sinistra: "La non ammissione della lista Formigoni è la diretta conseguenza dell'arroganza del potere che caratterizza l'attuale guida della Lombardia", "il governatore-imperatore pensava che le regole non valessero per lui, che governa da quindici anni: come il suo leader Berlusconi, anche Formigoni ritiene che la legge possa essere bypassata quando si tratta della loro coalizione".
Insomma, com'era prevedibile, è scoppiata l'ennesima bagarre. Staremo a vedere l'esito dei ricorsi successivi che gli esponenti del Pdl hanno presentato in queste ore.

LISTA PDL LAZIO: NON IN PERICOLO LA DEMOCRAZIA, OCCORRE ABBASSARE I TONI

Emma Bonino

Renata Polverini

Finalmente è intervenuto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo essere stato tirato - o meglio strattonato - per la giacchetta dagli esponenti del Pdl. "La preoccupazione di una piena rappresentanza, nella competizione elettorale, non può che essere compresa e condivisa dal Presidente della Repubblica", afferma il Capo dello Stato, ma aggiunge che "spetta solo alle competenti sedi giudiziarie la verifica del rispetto delle condizioni e procedure previste dalla legge".
Ma a sconvolgere ancora di più i già agitati animi, interviene una denuncia per "violenza privata" nei confronti dei militanti radicali e per "abuso d'ufficio" nei confronti dei membri dell'ufficio centrale circoscrizionale che "avrebbero di fatto impedito di esercitare il diritto politico di voto" al Popolo della Libertà.
Ignazio Abrignani, Pdl, dichiara "Mi auguro che prevalga il buon senso e che oltre un milione di cittadini romani possano esercitare un diritto che la Costituzione riconosce loro".
Fabrizio Cicchitto, Pdl, afferma "ai nostri rappresentanti è stato impedito di presentare la lista, prima dalle provocazioni di alcun persone ma essenzialmente dal magistrato responsabile che ha dato ordine alle Forze di Polizia di bloccare i nostri rappresentanti", di conseguenza, "al Pdl è stato impedito l'esercizio di un fondamentale diritto politico che va tutelato da tutti, le varie specializzazioni della magistratura e in ultima analisi anche dai livelli istituzionali".
Enrico Letta, Pd, "la democrazia non è in pericolo ed è improprio coinvolgere il Capo dello Stato, la magistratura e il Pd in una vicenda che appare semplice e tutta legata a responsabilità dei rappresentanti del Pdl romano".
Insomma, siamo alle solite, si vorrebbe trasformare un vicenda semplice in uno scontro istituzionali. Esistono delle regole stringenti, le leggi elettorali regionali, che in molti casi hanno impedito ai piccoli partiti di poter presentare proprie liste. Inoltre, in passato, casi simili sono già avvenuti senza che nessuno gridasse al pericolo per la democrazia (es. mancato accoglimento liste Udc alle provinciali a Trento nel 2009). Basta gridare al golpe, minacciare l'uso della piazza ed attaccare le istituzioni. Ognuno inizi ad assumersi le proprie responsabilità e cominciamo veramente a pensare al futuro del nostro Paese.

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