mercoledì 3 marzo 2010

ASSALTO AL DIRITTO DEL LAVORO: IL GOVERNO VUOLE AGGIRARE L'ART. 18


Manca poco all'approvazione della nuova legge sul processo del lavoro presentata dal governo. Nel testo c'è scritto "che le controversie tra il datore di lavoro e il suo dipendente potranno essere risolte anche da un arbitro in alternativa al giudice: o l'uno o l'altro. Un cambiamento radicale rispetto alla tradizione giuridica italiana, dove c'è sempre stata una forte diffidenza nei confronti dei lodi arbitrali di stampo anglosassone. Un affievolimento di fatto delle tutele a favore del lavoratore, la parte oggettivamente più debole in questo tipo di controversie" (da Repubblica.it).
La nuova legge provocherebbe anche modifiche sostanziali per quanto riguarda l'articolo 18 e di altri vincoli legislativi determinandone il superamento. L'ex ministro del lavoro, Tiziano Treu, dichiara, infatti, che davanti ad un licenziamento, l'arbitro deciderà "secondo la sua concezione di equità, non secondo la legge".
Modificando l'articolo 412 del codice di procedura civile, sarebbero previste soltanto due possibilità tra loro alternative per la risoluzione delle controversie: o la via giudiziale o quella arbitrale. Si arriverebbe addirittura all'assurdo di inserire già nel contratto di assunzione, anche in deroga ai contratti collettivi, che "in caso di contrasto le parti si affideranno a un arbitro. Strada assai meno garantista per il lavoratore che in un momento di debolezza negoziale (quello dell'assunzione, appunto) finirebbe per essere costretto ad accettare. E il giudizio dell'arbitro sarà impugnabile esclusivamente per vizi procedurali" (da Repubblica.it).
Le reazioni:
Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil: "Questa volta è peggio rispetto al 2002: allora l'attacco all'articolo 18 fu diretto ed era semplice spiegarlo ai lavoratori. Ora l'aggiramento va ben oltre l'articolo 18 impedendo addirittura di arrivare al giudice del lavoro".
Guglielmi Epifani, segretario generale della Cgil: "Lo denunciamo da tempo. Questo ddl opera una vera e propria controriforma delle basi del diritto del lavoro italiano. Questo ddl sul porta sostanzialmente ad una forma di arbitrato obbligatorio che farebbe saltare le forme tradizionali delle tutele contrattuali e delle libertà dei lavoratori di poter adire a queste scelte. In questo modo, naturalmente, si rende il lavoratore più debole. Se lo si fa addirittura nel momento del suo ingresso nel lavoro, lo si segna per tutta la vita. Per questo siamo contro questo principio e speriamo che non venga approvato. In ogni caso faremo ricorso, se ci sono le condizioni di legittimità costituzionale".
Luigi Angeletti, Segretario Generale dell Uil: "Questo tema, così come i temi del mercato del lavoro, devono essere oggetto prima di confronto e discussione con i sindacati e le associazioni di impresa, che sanno trovare soluzioni più efficaci del Parlamento, e per evitare danni, negli anni scorsi c'era l'intenzione di abrogare l'articolo 18, ora c'è quella di trasformare il reintrego in rimborso o in una penale ai lavoratori, quindi la questione è diversa. In casi di danni seri non staremmo con le mani in mano".
Raffaele Bonanni, Segretario Generale della Cisl: "L'unica cosa da fare è che queste materie siano affidate alle parti sociali. Vedo iniziative a destra e a sinistra, la politica regoli se stessa, visto che è già tanto sregolata. Sono d'accordo solo se le parti sociali possono regolarsi sulle questioni sociali. Il resto sono palloni mediatici che si sgonfiano".
Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro: "La polemica dei soliti noti su un testo di legge alla quarta lettura in Parlamento, dopo due anni di esame, è l'ennesima prova della malafede di chi vuole sempre accendere la tensione sociale. Il lavoratore avrà la possibilità in più di ricorrere all'arbitrato e tutto sarà regolato dai contratti collettivi. Non per nulla, tutti tranne la Cgil hanno condiviso questa norma. Punto". "In caso di controversia con il datore di lavoro, non solo per i licenziamenti, il lavoratore - continua Sacconi - avrà davanti a sè due strade: adire al giudice ordinario oppure all'arbitrato. L'arbitrato potrà essere applicato solo se il contratto collettivo nazionale di lavoro lo prevederà. L'arbitrato non potrà essere applicato in casi di licenziamenti discriminatori. In questo caso varrà solo la strada del giudice ordinario". Il ministro spiega inoltre che il datore di lavoro potrà imporre la strada dell'arbitrato per i contratti dei nuovi assunti "solo per i contratti certificati", "servirà un certificatore che attesti la reale volontà delle parti". Ma se un giovane, in una situazione come l'attuale di difficile inserimento nel mondo del lavoro, pur di essere assunto accettasse qualsiasi cosa? Il ministro risponde laconicamente: "non si deve pensare che il lavoratore sia un minus habens. Ad ogni modo se le intenzioni del datore di lavoro fossero queste, probabilmente non assumerebbe neppure".
Tiziano Treu, Senatore Pd ed ex ministro del Lavoro: "Non c'entra nulla la campagna elettorale. Che questa forma fosse devastante per i lavoratori, il Pd lo denuncia da più di un anno e per verificarlo basta guardare i resoconti parlamentari e le agenzie di stampa", "Il ministro Sacconi è evidentemente distratto. Che l'arbitrato possa essere stabilito solo in presenza di contratto collettivo nazionale è una possibilità e noi la abbiamo auspicata. Però invito il ministro a leggere bene la norma, in particolare il comma 5 dell'articolo 31 del provvedimento oggi all'esame del Senato, secondo cui qualunque lavoratore individualmente può chiedere l'arbitrato in qualunque stadio di eventuali controversie. Quindi, anche di fuori dei contratti collettivi nazionali e, in tal caso, anche senza certificazione. Dire, come sostanzialmente fa Sacconi, che c'è la 'volontà del lavoratore' che 'non è un minus habens' significa dimenticare la storia del diritto del lavoro che è stato costruito proprio per proteggere i lavoratori nei momenti di debolezza. Penso ad esempio al momento della prima assunzione, prima del rinnovo di un contratto a termine. In questi momenti il lavoratore potrebbe essere costretto a firmare un mandato in bianco a un arbitro e il certificatore potrebbe anche accertare una volotà che, in questo caso, sarebbe coatta".
Giuseppe Lumia, senatore Pd: "Il governo vuole indebolire il sistema di tutele e garanzie dei lavoratori e rafforzare la posizione dominante dei datori di lavoro. Un modo di aggredire indirettamente l'articolo 18. Con questa legge il lavoratore licenziato potrà ricolgersi o al giudice o ad un soggetto terzo, ma mentre il primo giudica secondo legge, il secondo giudica in base alla sua idea di giustizia. Il provvedimento va a scapito della parte più debole, ovvero il lavoratore, che potrebbe essere costretto già nel contratto di assunzione ad accettare il ricorso all'arbitrato, piuttosto che al giudice".
Maurizio Zipponi, responsabile welfare IDV: "Il disegno di legge che impedisce ai lavoratori di rivolgersi al giudice nel caso di diritti violati, a partire dall'ingiusto licenziamento, trasforma definitivamente questo governo in un esecutivo che fomenta la violenza contro il mondo del lavoro. Ci opporreno in Parlamento con tutte le nostre forze contro questa deriva di un regime autoritario".

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