Il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, ha illustrato la sintesi della diciannovesima edizione del Rapporto annuale sulla situazione del Paese alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e di numerosi rappresentanti del Governo e del Parlamento.
2001-2010: peggiore performance produttive dei paesi Uem:
"Nel decennio 2001-2010 l'Italia ha realizzato la peggiore performance produttiva tra tutti i paesi dell'Unione europea, con un tasso medio annuo di aumento del Pil di appena lo 0,2 per cento, a fronte dell'1,1 per cento rilevato per l'area dell'euro (Uem). Durante la crisi del 2009 Italia e Germania hanno subito la maggior caduta del prodotto tra i grandi paesi, ma mentre l'economia tedesca ha recuperato già gran parte del reddito perduto, l'Italia presenta ancora un forte divario rispetto ai livelli pre-crisi".
"L'insoddisfacente risultato italiano risente in gran parte della frammentazione del sistema produttivo e della sfavorevole specializzazione settoriale".
Tasso di risparmio delle famiglie più basso tra quello delle grandi economie Uem:
"L'andamento dei consumi delle famiglie è stato condizionato dal calo del potere d'acquisto, diminuito del 3,1 per cento nel 2009 e poi ancora dello 0,6 per cento nel 2010. Per salvaguardare i livelli di spesa, le famiglie italiane hanno dato luogo a una progressiva erosione del tasso di risparmio, sceso al livello più basso tra tutte le altre grandi economie dell'area dell'euro".
Inflazione: aumenti concentrati nei prodotti energetici ed alimentari:
"Le caratteristiche dell'attuale episodio inflazionistico, con aumenti concentrati nei prodotti energetici e alimentari, hanno accentuato gli incrementi dei prezzi per i prodotti soggetti ad acquisti frequenti da parte delle famiglie: a partire dall'autunno del 2010 la dinamica dei prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto si è prograssivamente accentuata, salendo al 3,3 per centro in aprile".
Recessione e sistema produttivo:
"La recesione ha influenzato più la mortalità che la natalità delle imprese: nel 2009 il saldo negativo tra imprese nate e cessate è raddoppiato e il numero delle cessazioni è aumentato del 6,6 per cento rispetto al 2008, portando al 21,9 per cento la crescita delle cessazioni rispetto al 2007".
Allarmante aumento dell'import penetration:
"L'evoluzione degli cambi con l'estero nel 2010 mette in luce un allarmante aumento del grado di penetrazione delle importazioni di prodotti trasformati e manufatti sul mercato interno", "I settori che hanno fatto registrare i maggiori incrementi dell'import penetration sono quelli delle macchine elettriche ed elettroniche, del cuoio e prodotti del cuoio, dei mezzi di trasporto, della gomma e materie plastiche, dei prodotti chimici e fibre sintetiche, del legno e prodotti in legno, della carta, cioè molti dei comparti la cui produzione interna stenta a recuperare i livelli pre-crisi". "Si conferma, infine, che l'adozione di strategie di innovazione costituisce un fattore di fondamentale importanza nel determinare la performance delle imprese sui mercati esteri".
MERCATO DEL LAVORO: Mezzogiorno, giovani e donne i più penalizzati
"Tra il 2008 e il 2010 il numero di occupati è diminuito di 532 mila unità: in più della metà dei casi si tratta di persone residenti nel Mezzogiorno, cosicché in quest'area l'occupazione è tornata sui livelli dell'inizio del decennio".
"I giovani (18-29 anni) sono stati i più colpiti dalla recessione, con una perdita di 482 mila unità nel biennio 2009-2010. Il tasso di occupazione specifico, già sceso tra il 2004 e il 2008 dal 49,7 al 47,7 per cento, è diminuito negli ultimi due anni di circa sei punti percentuali. Nel 2010 era occupato circa un giovane su due nel Nord e meno di tre su dieci nel Mezzogiorno".
"Nel corso del 2010, a fronte della stabilità dell'occupazione femminile, è peggiorata la qualità del lavoro delle donne: è diminuita, infatti, l'occupazione qualificata, tecnica e operaia ed è aumentata quella a bassa specializzazione, dalle collaboratrici domestiche alle addette ai call center".
"I giovani e le donne hanno pagato in misura più elevata la crisi, con prospettive sempre più icerte di rientro sul mercato del lavoro, le quali ampliano ulteriormente il divario tra le loro aspirazioni, testimoniate da un più alto livello di istruzione, e le opportunità. Una quota sempre più alta di giovani scivola, non solo nel Mezzogiorno, verso l'inattività prolungata,vissuta il più delle volte nella famiglia di origine, e verso bassi livelli di integrazione sociale, soprattutto per quelli appartenenti alle classi sociali meno agiate".
"Le donne vivono una inaccettabile esclusione dal mercato del lavoro. Pe di più, il carico di lavoro familiare e di cura gravante su di loro rende più vulnerabile un sistema di "welfare familiare" già debole, nel quale esse hanno cercato di supplire alle carenze del sistema pubblico".
Reti informali di aiuto: la famiglia come ammortizzatore sociale e donne come pilastro fondamentale del welfare e nuovo ruolo delle nonne
"Anche ques'tanno, come nel precedente, due ammortizzatori sociali hanno fatto sì che la deprivazione delle famiglie non aumentasse: la cassa integrazione, che ha protetto gli adulti capifamiglia, e la famiglia stessa, che ha protetto i figli che hanno perso il lavoro. In questo contesto le donne continuano a essere un pilastro fondamentale del sistema italiano di welfaee, facendosi spesso carico di compiti altrove svolti dalle strutture pubbliche, con effetti non trascurabili sull'ammontare di lavoro che grava su di esse, soprattutto se sono occupate, sul tasso di partecipazione femminile e, in generale, sul funzionamento della società: infatti, le donne erogano due terzi degli oltre tre miliardi di ore destinate in un anno dalla rete informale all'aiuto di componenti di altre famiglie".
"In questo quadro assume particolare rilevanza il ruolo delle nonne che, tuttavia, considerato anche l'innalzamento dell'età pensionabile, avranno sempre maggiori difficoltà ad assolvere ai compiti che sono loro assegnati, schiacciate tra la cura dei nipoti, quella dei genitori anziani, spesso non autosufficienti, e, a volte, dei figli grandi ancora presenti in casa".
Anziani abbandonati e possibile peggioramento per riduzione spesa sociale:
"Tra i bisognosi di assistenza, oltre ai bambini, vi è un numero elevato di persone gravemente o parzialmente limitate nell'autonomia personale che non sono raggiunte da alcun tipo di aiuto e non sono adeguatamente sostenute in casa: si tratta di circa due milioni di individui, soprattutto anziani, che non trovano adeguata protezione all'interno della famiglia perché vivono soli o con altre persone con problemi di salute".
"In questo quadro un'eventuale riduzione della spesa sociale metterebbe seriamente a repentaglio la situazione delle famiglie di anziani raggiunti solo da aiuti pubblici o da un miz di questi ultimi con altri tipi di aiuto: si tratta di circa 700 mila famiglie. Se a queste situazioni a rischio si aggiungono i circa 2 milioni di individui, soprattutto anziani, che presentano limitazioni dell'autonomia personale e che, pur vivendo soli o con altre persone con problemi di salute, non sono raggiunti da alcun tipo di aiuto è evidente come gli anziani potrebbero in futuro diventare uno dei soggetti sociali più deboli".
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