sabato 17 luglio 2010

STORIE DALL'ITALIA CHE REGREDISCE / IL PDL CI RIPROVA, RIPROPOSTO UN CONDONO SUI BENI ARCHEOLOGICI



Non è la prima volta e, se non dovesse passare, sono convinto che non sarà l'ultima. Il Pdl sta tentando di riproporre un condono sul possesso illecito di beni archeologici inserendo tra le pieghe della finanziaria un articoletto composto di 11 commi intitolato "Disposizioni in materia di emersione e catalogazione di beni archeologici". Certamente il titolo non colpisce l'attenzione anzi, il fine dichiarato dai proponenti, sembrerebbe quello - appunto - di far emergere un patrimonio sommerso per consentirne la catalogazione, ma l'aspetto principale è che "in cambio di pochi spiccioli, che poco ristoro potrebbero portare al bilancio dello Stato e persino alle esangui casse dei Beni culturali, tutti quelli che possedevano al 31 dicembre 2009 un bucchero etrusco o un'anfora greca, recuperati chissà come, non saranno più punibili" (dall'articolo "Un condoni sui beni archeologici mini-multa per tenerli a casa" di Francesco Erbani del 29 giugno 2010, da laRepubblica.it ). 

La nuova proposta prevederebbe una vera e propria depenalizzazione, che svuoterebbe il significato dell'articolo 712 del codice penale, che persegue chi acquista oggetti di dubbia provenienza. 

Come dicevo, questa non è la prima volta che il Pdl tenta di introdurre questo speciale condono e questa volta, rispetto al 2004, quando tentarono di far passare un emendamento alla finanziaria, firmato da Gabriella Carlucci ed altri, la multa scende dal 5% del valore del bene ad una cinquantina di euro a pezzo, una sorta di saldi di fine stagione. Forza dunque, tutti i ladri che detengono un reperto mai denunciato, in Italia o all'estero, potranno ottenere una concessione dallo stato per trent'anni, rinnovabili, e potranno anche trasferire tale concessione per eredità.

Ma le mie preoccupazioni sono anche altre. Più il tempo passa e più mi sembra che il nostro Paese stia perdendo qualsiasi spinta critica e mi sembra che anche giornalisti, intellettuali e uomini di cultura, siano sempre più distanti da queste preoccupazioni. Interviene sull'argomento l'ex ministro Giovanna Melandri del PD: "Dopo aver mortificato il settore dei beni culturali in ogni modo e aver messo sul lastrico la cultura italiana, ora il ministro tenta di far cassa, letteralmente raschiando il barile. Come dice un vecchio proverbio: al peggio non c'è mai fine".

Citerò, di seguito, qualche straccio dello splendido libro di Sanvatore Settis, "Italia S.p.A.. l'assalto al patrimonio culturale" (Giulio Einaudi editore, Torino, 2002):
"Anche all'interno della Comunità europea, è l'Italia ad avere (insieme con la Grecia, almeno per il patrimonio archeologico) la legislazione più protettiva dei propri beni culturali. Come è chiaro, solo una parte di questo patrimonio è di proprietà pubblica, e la maggior parte (anche in Italia) è anzi di proprietà privata, o di enti ecclesiastici; ma in linea di principio tutto, anche ciò che è dei privati, è protetto e tutelato. Perché? Il punto essenziale del 'modello Italia' è che il patrimonio culturale del Paese è inteso come un insieme, ed è soggetto a protezione in quanto depositario di una memoria storica che appartiene ai cittadini ed è costitutiva del patto sociale e dei fondamenti istituzionali dello Stato"

"Ho detto "Italia", e avrei dovuto dire le Italie, gli Stati italiani preunitari, in molti dei quali, dalla Roma pontificia dell'editto Pacca (1820) agli Stati borbonici del Sud, ai ducati emiliani, al "patto di famiglia" Medici-Lorena che legò per sempre a Firenze i beni artistici della corona granducale (1737), la consapevolezza che il patrimonio culturale doveva essere inteso come un insieme, e dunque difeso legandolo al territorio, è stata precocissima e acuta".

"Ancor di più può stupire che tacciano (anche qui con qualche eccezione) giornalisti e uomini politici, quasi che questo non fosse un problema centrale per la vita pubblica in Italia oggi. Piuttosto che arrabbiarci, chiediamoci perché. Si tratta forse, come alcuni dicono, di indifferenza, di una scorta di colpevole cecità di eruditi troppo immersi nello studio del passato per potersi interrogare sul presente, o di giornalisti e politici troppo occupati su altri fronti (la sanità, la giustizia, la scuola) per occuparsi di questo?"

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