Diciannove anni fa veniva ucciso dalla mafia il 'giudice ragazzino', Rosario Livatino. Sconosciuto all'opinione pubblica italiana prima del barbaro assassino, è oggi ricordato come "un martire della giustizia e, indirettamente, anche della fede..." (Papa Giovanni Paolo II, 9 maggio 1993).
"Il magistrato - scriveva Livatino - deve, nel momento del decidere, dimettere ogni vanità e soprattutto ogni superbia; deve avvertire tutto il peso del potere affidato nelle sue mani... disposto e proteso a comprendere l'uomo che ha di fronte e a giudicarlo senza atteggiamento da superuomo, ma anzi con costruttiva contrizione"
"Il giudice, oltre che essere deve apparire indipendente [...]. E' importante che egli offra di se stesso l'immagine di persona austera o severa o compresa del suo ruolo e della sua autorità o di irraggiungibile rigore morale, ma di persona seria, sì, di persona equilibrata, sì, di persona responsabile pure".
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